Archivio per febbraio, 2009

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NAPOLI – Giovanni Marangio è stato arrestato dalle forze dell’ordine in base ad un decreto di fermo emesso dalla Procura di Napoli, in quanto presunto affittuario di due case squillo situate in via Carlo Poerio e al corso Vittorio Emanuele, nel quartiere Chiaia a Napoli. Come si ricorderà in una delle due case di appuntamenti, quella del corso Vittorio Emanuele, si trovava una giovane prostituta ridotta in schiavitù dall’ex fidanzato e da un altro uomo.

gennyLa donna era costretta a prostituirsi e a subire minacce e aggressioni.  La tenevano segregata in casa, la controllavano notte e giorno e, sotto la minaccia di una pistola, poi trovata durante le perquisizioni della polizia, la obbligavano a prostituirsi. È la storia di Genny, una ragazza di 29 anni, incinta di pochi mesi, già mamma di un bambino di tre anni, originaria di Torino ma che insieme al suo compagno lo scorso novembre è approdata a Napoli in cerca di un futuro migliore ed invece proprio lui, l’uomo che amava e di cui tanto si fidava è diventato il suo «protettore». «Il bambino che porto dentro lo devo buttare». Ai microfoni del Tg5 la donna ha parlato delle violenze subite dai clienti e dal compagno. «Quando i clienti abusavano di me – ha detto la donna – diventavo un pezzo di legno. Qualche volta andavo in bagno a vomitare. Quando litigavo con il mio compagno lui mi puntava contro la pistola, ma non gliela davo per vinta e lo incitavo a sparare». Poi, parlando del figlio di tre anni e di quello che porta in grembo, ha aggiunto: «Non vedo l’ora di rivedere mio figlio. Ma per fortuna è finita, perchè io i soldi preferisco sudarmeli. Il bambino che porto dentro di me, invece, lo devo buttare, anche se è una creatura e gli ho voluto bene fin dall’inizio. Ma non merita questo schifo». La donna, che ha «voglia di ricominciare», è partita questa sera in treno diretta a Torino.  A liberarla dalla schiavitù sono stati gli di_doemnicoagenti del commissariato San Ferdinando, diretto da Pasquale Errico. La ragazza ieri sera, stanca delle continue violenze, ha avuto la forza di chiamare il 113 e chiedere aiuto. La segnalazione è stata girata agli agenti del commissariato San Ferdinando che hanno fatto irruzione nella casa squillo al corso Vittorio Emanuele. Lui, secondo l’accusa che ha fatto scattare l’arresto nei suoi confronti, è Matteo Di Domenico, di 26 anni, originario del capoluogo piemontese. Con lui un complice, Giuseppe Marcellini, stessa età, nato a Foggia. I due, dopo aver portato la ragazza in città l’hanno obbligata a prostituirsi prima nella casa squillo di via Carlo Poerio 29, , chiusa due settimane fa dagli agenti del commissariato San Ferdinando, e poi in quella di corso Vittorio Emanuele 544 scoperta oggi nell’ambito dell’operazione condotta dall’ispettore capo Raffaele Giardiello. E tutto questo nonostante fosse incinta. Dell’organizzazione faceva parte anche un altro uomo, Giovanni Marangio, figlio di un albergatore, allo stato irreperibile, già coinvolto nella vicenda della casa squillo scoperta a Chiaia e che percepiva 150 euro al giorno mentre, dopo ogni prestazione, la ragazza era costretta a cedere l’intero incasso a Di Domenico e Marcellini. Matteo Di Domenico e Giuseppe Marcellini devono rispondere, insieme con la terza persona, irreperibile, di associazione per delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione, riduzione in schiavitù, sequestro di persona e minaccia aggravata per mezzo di un’arma.

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CASTELLAMMARE DI STABIA – Proprio come nel ’92. Almeno per il tipo di omicidio. Sangue a Castellammare di Stabia: poco dopo le 15 e 30 di ieri è stato ucciso Luigi Tommasino, consigliere comunale del Pd, 43 anni. L’uomo è stato freddato mentre era in auto, una «Lancia Musa», insieme al figlio tredicenne, Raffaele: la sparatoria davanti al negozio «Unieuro».

Tommasino gestiva un negozio di abbigliamento a Castellamtommasinookmare, «Interno 8». In passato il fratello Gianni, medico, è stato assessore all’Urbanistica nel Comune di Castellammare, durante l’amministrazione di Ersilia Salvato. E proprio a lui, Luigi (chiamato da tutti «Gino»), era subentrato nel 2005. Un cognato, inoltre, era autista del sindaco Sd, Salvatore Vozza (che è scoppiato in lacrime alla notizia dell’uccisione). Una vera e propria esecuzione di camorra, anche se al momento Tommasino non pare fosse collegato direttamente o indirettamente alla malavita organizzata stabiese. I sicari si sono affiancati all’auto del consigliere che procedeva lungo viale Europa. Erano in sella a una moto «Beverly» con il volto coperto dal casco. Tanti i colpi sparati contro il politico Pd: repertati 15 bossoli di calibro 9×21 parabellum. Alcuni colpi hanno omic48raggiunto Tommasino alla testa. La vittima si è accasciata sul volante e la Lancia, senza più guida, è finita contro la vetrata del negozio «Unieuro». Illeso il figlio tredicenne, nonostante la pioggia di fuoco, segno che i sicari erano molto esperti e non volevano fare una strage ma colpire il “bersaglio da eliminare”. Le indagini – Le modalità lasciano pensare a un agguato di camorra, ma l’uomo- incensurato, un passato da funzionario della ditta di orologi «Sector» – viene considerato nella città stabiese un politico «irreprensibile». Viste le modalità dell’omicidio, sul posto si sono recati anche i pm della Dda competente sull’area di Castellammare, Claudio Siragusa e Pierpaolo Filipelli. Le ipotesi investigative – Viene al momento scartata la pista politica, sebbene in passato Gino abbia ricoperto l’incarico di segretario cittadino della Margherita. Si guarda agli affari: il politico sarebbe stato interessato ad alcuni appalti e ad attività legate al campo assicurativo e dei rifiuti. Per questo motivo, è stato perquisito il suo ufficio a Castellammare, sopra la boutique gestita dalla moglie: sequestrate agende, fascicoli e il computer. Le ultime ore – Gino era stato visto verso le 10 a Palazzo Farnese, sede del Comune di Castellammare di Stabia. Tranquillo, sorridente come d’abitudine, era passato per la commissione «Politiche sociali». Poco prima aveva preso un caffè nei pressi del municipio con il sindaco Vozza. «Appariva assolutamente tranquillo, non c’era nessun segnale di quanto è poi accaduto», ha raccontato il primo cittadino. Il ruolo politico – Poco in vista, descritto come una personalità non forte, il consigliere ucciso sosteneva l’ amministrazione comunale guidata dal sindaco Vozza, appoggiata da una parte del Pd, e dall’Udeur. Venerdì scorso, quando al Comune di Castellammare di Stabia stava per aprirsi la crisi politica, Tommasino era stato tra i firmatari, con altri 17 consiglieri, di un documento di appoggio al primo cittadino. Pochi, dal 2005 ad oggi, i suoi interventi in consiglio comunale.

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«Sgomento e rabbia» per la morte del consigliere comunale Luigi Tommasino vengono espressi in una dichiarazione del sindaco, dell’intero consiglio comunale e dalla giunta. «Una morte inaudita – dice Salvatore Vozza – che sconvolge tutti quanti noi. Davanti alla tragedia della morte di Gino Tommasino, siamo convinti della necessità che l’intera città di Castellammare di Stabia gridi il suo no alla camorra». Sindaco, Giunta e consiglio rivolgono un appello «a tutti i cittadini che possano essersi trovati nelle vicinanze del luogo, al momento dell’ omicidio, affinchè forniscano agli inquirenti elementi utili alla ricostruzione del fatto. La loro collaborazione potrà essere utile anche a dimostrare che Castellammare di Stabia è una città che non ha paura». Su Facebook – Il suo profilo è sul social network con 262 amici, tra cui colleghi di partito come il sindaco di Portici Cuomo, il consigliere provinciale Diego Belliazzi, il presidente del Consiglio comunale di Napoli, Leonardo Impegno, l’ex ministro Luigi Nicolais e il parlamentare Riccardo Villari. Era fan di Giovanni Paolo II e di Berlusconi e Brunetta, insolito per un politico del Pd. Come insolite potrebbero essere le evoluzioni di questo caso dove le modalità e le tecniche di esecuzione sono della camorra, ma gli intrecci con la politica sembrano il frutto di una trama dell’ennesima spie story sotto il Vesuvio. Il delitto di Gino Tommasino, infatti potrebbe essere ricondotto a quello avvenuto, sempre a Castellammare di Stabia nel ’92, quando fu ammazzato Sebastiano Corrado, consigliere del Pds poi, dopo morto, finito in un giro di mazzette per l’ospedale San Leonardo, dove lavorava. L’11 marzo del 1992 alle 14,30 a Castellammare di Stabia venne assassinato Sebastiano Corrado, 45 anni, consigliere comunale del Pds. Due killer a bordo di una moto lo hanno avvicinato mentre stava tornando a casa in via Virgilio e gli spararono contro 4 colpi di pistola al bersaglio grosso e uno, quello di grazia, alla testa. L’omicidio del consigliere comunale del Pds avvenne in piena campagna elettorale. Sebastiano Corrado aveva fatto parte di alcune commissioni comunali (Bilancio e Finanze, Urbanistica) nelle quali aveva assunto il ruolo di intransigente moralizzatore. Il delitto di camorra portò nella casa della vittima, il presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, il ministro dell’Interno Scotti, il segretario del Pds Achielle Occhetto, numerosi parlamentari di tutti gli schieramenti e il giorno dei funerali si svolse una grande manifestazione contro la camorra. GLI ARRESTI – La omi3realtà era, purtroppo diversa, Sebastiano Corrado era impiegato all’ospedale di Castellammare, nell’ufficio economato e qualche mese dopo il delitto ci fu una pioggia di arresti e Corrado era coinvolto in quella inchiesta che attraversava in diagonale la società di Castellammare dagli insospettabili agli uomini dei clan. Il 19 giugno del 1992 vennero arrestati per corruzione 12 persone amministratori dell’Usl 35 e altre sei risultarono ricercate per l’omicidio proprio di Sebastiano Corrado. L’inchiesta riguardava un vorticoso giro di mazzette legate agli appalti e alle forniture per la Usl di Castellammare. tra le persone arrestate il 19 giugno. le tangenti pagate andavano dal 10 al 20% dell’importo dell’appalto o della fornitura. E se fosse stato vivo, affermarono gli investigatori, anche Sebastiano Corrado sarebbe stato fra gli arrestati. Era però stato ucciso e quindi non si è proceduto contro di lui, né ha potuto difendersi dalle accuse. I responsabili dell’omicidio del consigliere comunale del pds vennero poi arrestati qualche mese dopo.

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